Descrizione
Se è vero che i sistemi assiomatico-deduttivi degli antichi sono stati rivisitati fino a divenire sistemi ipotetico-deduttivo con Hilbert e la logica del Novecento, resta innegabile che soltanto grazie all’assiomatica greca l’Occidente ha saputo creare la scienza, e una scienza “vincente” e “produttiva” di risultati. È allora intellettualmente onesto, per non dire necessario, comprendere le radici di questa vicenda storica: ed è ciò che si vuol fare in questo studio. Partendo proprio da Talete, scoprendo presenze a cui siamo poco abituati nei manuali classici della storia della matematica, come Parmenide o Melisso. Si arriva così ad Aristotele ed Euclide, e alle assiomatiche che produssero rispettivamente negli Analitici e negli Elementi. La prima opera, riletta con i mezzi della logica formale moderna, contiene un’ontologia formale (e formalizzata), dove gli assiomi del sistema vogliono rimandare alle essenze in un processo sempre perfettibile e mai concluso. Sarà Euclide, il matematico, a tagliar via quel richiamo all’essenza: a Euclide interessa rendere autonoma la matematica e “chiudere” il sistema. Philosophus et mathematicus, Aristotele et Euclide: nel rigore delle loro deduzioni, i due giganti del pensiero greco si interfacciano di continuo. Alcune domande restano aperte. Se per parlare di scienza antica in maniera non anacronistica non sia finalmente necessario tornare a distinguere con chiarezza la filosofia della scienza dalla filosofia della natura. E in che modo la scienza antica abbia potuto generare sistemi formali pur mantenendo un’apertura metafisica.