Descrizione
Ho sempre amato una struggente raccolta di dieci poesie, scritte da Cesare Pavese tra l’11 marzo e il 10 aprile 1950. “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, s’intitola. Oggi, pensando a quanto ho vissuto e a quanto desidero fare, animato da un incalzante senso di restituzione, posso dire a mia volta: “Verrà la vita e avrà e i suoi occhi”, includendo in quello sguardo Dio, chi mi è stato accanto e quanti riuscirò a raggiungere con la mia povera voce.
Amo ripetere a me stesso questa frase. Se non parli con l’uomo e la donna di oggi, ma ti ostini a parlare all’uomo e alla donna di ieri, stai diventando muto. Le tue parole sono logore. Chi ripete, non è fedele alla tradizione. Perché la tradizione si è continuamente incarnata, rinnovata, ricreata. Una Chiesa che non parla alle nuove generazioni è una Chiesa che non parla a nessuno. Chi non ascolta il grido che emerge dalla tragedia della pandemia non è fedele alla storia e non è un fedele al Dio della storia. Con questo piccolo libro, a partire dalla mia esperienza di malato di Covid e dalla mia vicinanza alla morte, ma soprattutto dalla voglia di rinascere, provo a offrirti alcuni spunti per guardare nuovamente con fiducia il futuro. Alla luce di quanto diceva Madeleine Delbrêl: “L’importante è nascere per bene in ogni morire”. Prefazione di Matteo Zuppi.
DERIO OLIVERO è nato a Cuneo il 17 marzo 1961; ordinato presbitero il 12 settembre 1987, è stato eletto alla sede vescovile di Pinerolo il 7 luglio 2017 e ordinato vescovo l’8 ottobre 2017. Durante la Settimana Santa 2020 è stato a un passo dalla morte a causa del Covid-19: da quell’esperienza è nato questo suo primo libro per le Edizioni San Paolo.
ALBERTO CHIARA è nato a Torino nel 1961, è sposato e ha tre figli. Dopo aver collaborato a testate locali e nazionali, dal 1987 lavora a Famiglia Cristiana, di cui oggi è caporedattore, responsabile del desk chiesa e società. È stato a lungo inviato speciale realizzando, tra l’altro, reportage in Afghanistan, Sri Lanka, India, Libano e Amazzonia brasiliana. Nel 2000, insieme ai colleghi Barbara Carazzolo e Luciano Scalettari, ha vinto il premio Saint-Vincent per il giornalismo, con un’inchiesta sui traffici d’armi e di rifiuti tossici in Somalia.